Estratto da “Il Tango ed i suoi labirinti” di Rafael Flores.

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Alla voce tango – di origine sconosciuta – sono state date interpretazioni tali da portarci a dubitare della rotondità della terra. Esistono tesi sulla sua origine africana, americana, europea, giapponese…effettivamente può provenire da ognuno dei luoghi citati e in uno di essi la parola tango fu usato per la prima volta.

Noi ci atterremo alle ipotesi che sembrano rivelarsi le più fondate con i documenti ed i fatti ben in vista, avvicinandoci a questa musica che, globalmente, è una forma della cultura.

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La parola tango appare per la prima volta in america in occasione della stesura di alcuni documenti pubblici e complementari governativi del Vicereame del Rio de la Plata.

La troviamo nel 1802 a Buenos Aires, in un registro di proprietà immobiliare e nel 1806 in decreto del Municipio di Montevideo dove si proibiscono i balli conosciuti con il nome di tangos (o tambos).

Dati degni di fede – da non dimenticare – sono poi quelli che si riferiscono ad una collettività concreta:i neri ed il loro modo di divertirsi a ritmo di musica.

Si narra infatti di una storia linguistica, sotto la voce tango che risale ai tempi addirittura anteriore alle date segnalate: quelli dell’introduzione massiva degli schiavi in America.

Secondo le notizie dell’epoca tangos erano i recinti chiusi dove venivano raggruppati i neri. Sembra che la parola impiegata per indicare tali luoghi provenisse da lingue africane nelle quali tango indica circolo, cerchio, luogo chiuso.

Rumori di catene e di frustate e dolori inutili, ci evocano la sua esistenza; così come proprio lì, questo è sicuro, la musica, qualche forma della musica, era per gli schiavi neri l’unico modo per riscattarsi dalla devastazione.

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Esiste un’altra versione popolare più descrittiva, pittoresca e curiosa, sull’origine della voce tango.

Proviene da una semplice ed ingenua onomatopea. Dobbiamo immaginarci due tamburi africani, uno più alto dell’altro entrambi a forma di stretto cilindro con la pelle ben tesa.

La mano del nero colpisce il tamburo più alto ed inizia il ritmo: tan, tan … e con il più basso si risponde: go. Il nero dei tamburi quello della percussione antica e primordiale con i suoi tamburi faceva: tan-go.

Un’altra spiegazione, anch’essa onomatopeica oltre che buffa, racconta come i neri incontrassero difficoltà nel pronunciare lo spagnolo.

Scambiavano la r con la l la b con la g ed a volte non pronunciavano la r quindi non appena furono permessi loro alcuni balli chiesero al musicista del tamburo: tocá tangó.

Il ricercatore cubano Fernando Ortiz sostiene a sua volta che: … In alcuni linguaggi africani il ballare si dice tangu e tungu come avviene tra i Calabar e i Benuè, vicini alla Nigeria centrale.

Cosicché, nonostante l’esistenza di un verbo latino tangere equivalente a toccare, suonare, a nostro giudizio la voce tango – più ancora che la musica – ha un grosso debito con la cultura africana. Ci risulta quasi totalmente ed assolutamente africana.

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